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STORIA

Il grandioso stabilimento termale denominato “Acque della Salute” fu tra i primi in Italia ed in Europa come modello di eleganza, completezza delle terapie, varietà di mineralizzazione delle acque ed amenità del luogo. Oltre a questo, Livorno offriva ai vacanzieri delle terme, i ritrovi mondani dell’Eden, i bagni di mare ed i salotti culturali dei signori proprietari delle numerose ville cittadine e dei dintorni. Basti pensare che alla fine del 1800 a Livorno erano presenti 28 uffici di consolato e delegazioni straniere. Va da sé che Livorno era un polo gravitazionale di mezzo mondo e la fama delle nostre Terme ben presto di diffuse in ogni luogo, anche se già consacrate come luogo eccellente di cura nel 1904 con il Gran Premio “medaglia d’oro” all’Esposizione internazionale di Parigi.

Lo Stabilimento livornese è stato il primo edificio in Toscana costruito in cemento armato utilizzando il sistema brevettato Hennebique ( e tra i primi in Italia), grazie a questa innovazione costruttiva è rimasto in piedi fino ad oggi.

Tanta dovizia di ingegno fu utilizzata per realizzare questo gioiello di ingegneria architettonica e tanta dovizia di indifferenza è stata messa in opera per renderlo nella condizione attuale.

Per l’ing. Angiolo Badaloni fu il primo lavoro commissionato da privati, poiché fino ad allora aveva sempre lavorato per il Comune di Livorno, realizzando le scuole Benci, Micheli, il mercato delle vettovaglie e contribuendo alla progettazione dell’Accademia Navale.

Con la realizzazione del progetto delle “Acque della Salute” per il quale non aveva limitazioni di sorta, si circondò dei più grandi decoratori, pittori, ceramisti, carpentieri e maestranze del momento. Coadiuvato da medici, geologi e chimici dell’Università degli studi di Pisa, ognuno nel proprio settore rappresentava un eccellenza. Fu studiata e realizzata una scrupolosa costruzione dei pozzi a tripla cerchia di mura con due intercapedini, allo scopo di proteggere l’integrità delle sorgenti da possibili inquinamenti di filtrazione dal terreno. Perfino lo smaltimento delle acque nere fu controllato per evitare ogni possibilità di inquinare il suolo. I liquami erano raccolti in un serbatoio in cemento, sospeso su pilastri armati e poggiante su una piattaforma anch’essa in cemento, l’opera veniva descritta come una corazzata sospesa sul terreno.

Vari problemi hanno fatto si che la situazione degenerasse, primariamente l’emanazione delle leggi razziali che indusse la proprietà, nella persona di Chayes, a disfarsi di tutti i beni prima che venissero confiscati dal regime. Un accordo con il proprietario della ditta Recoaro fece si che le terme passassero a quest’ultimo salvo il fatto di tornarne in parte in possesso al termine della guerra. Prima della cessione, Chayes dichiarò, in un documento consegnato al Corpo Regio delle Miniere per la concessione ad estrarre acque in perpetuo, che l’erogazione giornaliera ammontava a 50.000 litri (Sovrana + Preziosa + Corallo + Vittoria). Dopo poco arrivò la guerra che interruppe gli svaghi termali. La città, con il primo bombardamento del 1940 cominciò a svuotarsi, le persone si organizzavano per sfollare lontano dalle mire portuali ed industriali dei bombardamenti. La vicinissima stazione ferroviaria venne colpita e distrutta mentre le Terme si salvarono come per miracolo.

Gli Americani si impossessarono del complesso termale e ne fecero il loro Officier’s Club. Conobbero le proprietà delle acque ed iniziarono i primi accordi con la Coca-Cola. A questo punto il destino era segnato per le nostre Terme, poiché al termine della guerra gli interessi economici erano in primo piano, la necessità urgente era ricostruire quelle attività che dessero reddito e così si riavviò la produzione dei prodotti Corallo (acqua e bibite) affiancandole alla produzione della nuova bevanda Coca-Cola. L’attività termale non venne ripristinata per il semplice fatto che le priorità di un dopoguerra non prevedevano certo un tipo di vita qual’era quello al Corallo. La sala grande fu affittata ad Oreste Ghinassi che ne fece un dancing. A seguito degli accordi presi in precedenza con la ditta Recoaro, Chayes rientrò in possesso di parte della proprietà, che si realizzò nell’acquisizione dell’Hotel Corallo.

Poi tutto è scivolato in un baratro sempre più profondo e la data nefasta è da ascriversi al 1968. In questo anno la Coca-Cola fagocita tutta la produzione della ditta Corallo, sparisce la famosa bottiglia verde dell’acqua Corallo, nonostante si fosse trovata una nuova sorgente alla Padula che erogava 40.000 litri al giorno di acqua debolmente salina in tutto simile alla sorella famosa. Una conduttura in acciaio portava l’acqua del pozzo dell’Angelo (il suo nome) fin sotto lo stabilimento e qui stoccata in due cisterne da 3.000 ed 80 mc rispettivamente una sotto le terme e l’altra sulla torre gialla (sorgente adesso utilizzata per autolavaggio).

L’imminente riapertura del dancing in versione discoteca viene arrestata da un incendio di non nota origine divampato nel salone delle feste delle Terme. Il fuoco viene spento dopo circa sei ore, ed il cronista del tempo scrive:-“…ci vorranno mesi prima di riavere le terme nel loro splendore…”

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